martedì 22 luglio 2003

incompiuto

INTRODUZIONE.
Alice mi ha chiesto cosa penso di me.
Cosa penso di me?
Non lo so, penso che sono molto egoista, come tutti del resto…
Prima conclusione sul genere umano: sono tutti egoisti; ognuno pensa per se, e mi sento di dire: ognuno pensi per se! Del resto è quello che gia succede, quindi non c’è da meravigliarsi se prima o poi si giunge a questa conclusione.
E’ normale, vivo ogni secondo la mia vita, chi meglio di me può decidere per me? Chi meglio di me può far bene a me? Chi se non io, può decidere di farmi stare bene o, soprattutto, di farmi stare male? Brava, dici bene: il male che vedi negli altri è in te; la malizia che vedi in certe azioni di chi ti circonda è la tua stessa malizia. E allora egoismo in questo senso significa che so di essere egoista quindi penso che anche gli altri lo siano; vale a dire che se mi sento di non avere bisogno di nessuno, prevedo che nessuno debba avere bisogno di me. Allora ciao! Ciao! CIAO!



PROLOGO.
Ti ritrovi a ventiquattro anni e qualche mese di vita a sentirti inadeguato; la tua esistenza ti è parsa fino ad ora facile e serena ma ti sembra adesso di avere in mano un mucchietto di polvere che ti sfugge senza significato… Ecco, questo sono io: confuso sul passato, senza una precisa idea del futuro e con un presente in qualche modo opprimente. E pensare che solo tre giorni fa…



1.
Mi svegliai di soprassalto alle dieci in punto con l’angoscia da incubo tremendo e con la netta sensazione che qualcosa di terribile fosse accaduto proprio in quell’istante, spaesato, rincoglionito ma lucidissimo, non avevo avuto un risveglio normale. Altre volte mi ero svegliato di soprassalto, dopo incubi che riuscivo a ricordare, con vaghe sensazioni angosciose che puntualmente svanivano davanti al cappuccino e lasciavano posto al torpore nervoso ma cosciente dello storto risveglio, ma quella mattina fu davvero speciale, quella mattina iniziò il processo di svuotamento del mio io in un modo assolutamente non controllabile e soprattutto non percettibile.
In un non meglio precisato stato di trance, iniziai a vagare per casa fin quando trovai quel pennarello nero che avevo rinvenuto per terra in strada sere addietro, durante una delle tante, scintillanti, ebbre, mondane serate con gli amici che, spendendo molto, mi concedevo regolarmente tutte le volte che volevo, bevendo ogni volta quello che di alcolico trovavo e nascondendo più che potevo a me stesso, lo stesso me stesso. Sì, questa è una delle tante conclusioni che ho raggiunto negli ultimi tre giorni: mascheravo la tetra realtà, che mi si presentava offuscatamene nitida, con un carnevale continuo, una vita di festa che permeava le mie giornate e mi rendeva artificialmente divino agli occhi miei e dei miei colleghi umani vicini.
Tolsi il cappuccio al pennarello e mentre il mio olfatto veniva stuzzicato dal seducente odore di vernice iniziai a colorare di nero l’unghia del mignolo sinistro poi tracciai un rigo dall’unghia al centro del dorso della mano sinistra dove disegnai un cerchio grande come una moneta e lo colorai con quel nero. Stessa cosa feci con l’anulare, unghia nera, rigo che si congiunge al cerchio; medio indice e pollice. In corrispondenza del cerchio ne disegnai poi un altro sul palmo della mano, stesse dimensioni, perfettamente incastonato tra i solchi nei quali i cartomanti o chi per loro leggono la mano. Non ero incosciente mentre facevo questi strani gesti, solo ero come trasportato e soprattutto non riuscivo a pensare ad altro che alla perfezione della mia opera di mano su mano. Compiuto che ebbi il graffito, appoggiai il pennarello da qualche parte e tornai sotto le coperte del mio letto ancora caldo. E dormii.



2.
Alle dodici e trenta circa mia madre fece irruzione nella mia stanza e mi svegliò di nuovo. In quell’istante, come tutte le altre mattine, pensai: cazzo anche stamattina mi faccio trovare nel letto ancora dormiente a metà giornata! Ora mi toccherà sentirla mentre mi dice che sono un buono a nulla, che veglio la notte e di giorno sono un coglione, che ormai sono grande per questa vita da diciottenne e altre stronzate del genere. Tutte cose verissime e giustissime, anche dal mio punto di vista, ma in quell’istante sono soltanto stronzate e tua madre è una troia insensibile; in quell’istante, come tutte le altre mattine, pensai anche: porca puttana anche stamattina mi tocca alzarmi e dopo cinque minuti sarò a tavola, con lo stomaco sigillato a ingozzarmi di spaghetti al tonno perché LORO non mangiano se non sono a tavola anch’io… Giusto e nobile questo gesto, ma in quell’istante ti sembra una inutile stronzata; che cazzo cambia se consumiamo il nostro pasto in orari diversi? Voglio dire: se siamo una famiglia unita, non abbiamo bisogno della conferma del pasto unitario a tutti i costi, viceversa se non lo siamo, mangiare insieme non risolve un cazzo. Poi per carità, gli spaghetti al tonno sono buonissimi, ma non per colazione! In quell’istante, come tutte le altre mattine, il mondo faceva schifo, la mia vita si mostrava in tutti i suoi lati peggiori, i pensieri nefasti facevano la coda nelle autostrade nervose del mio cervello per offuscarmi i riflessi, ma tutto rientrava nella consuetudine, generalmente dopo questa prima breve fase le giornate prendevano una bella piega, anzi bellissima, e ogni problema era facilmente affrontabile, addirittura entusiasmante. Quella mattina non fu così.
Dopo quel primo istante, uscita che fu mia madre, mi balzò alla mente quanto era successo qualche ora prima e neanche per un istante pensai che avessi sognato; ero lucidamente cosciente che l’accaduto era reale, realissimo, e tentennai un momento prima di abbassare lo sguardo sulla mia mano sinistra; seduto sul letto, chinai il capo in avanti, gli occhi chiusi. Aperti! Niente. La mano era pulita… La destra? Niente. Sentii come un peso sulla testa, uno sciame di mosche che mi ronzano intorno, ma assolutamente non sapevo cosa pensare; ero preoccupato visto che non c’era dubbio che mi fossi fatto quei segni sulla mano alle dieci di mattina. Il pennarello nero! Dove sarà? Non ricordo dove l’ho messo. Eccolo là, sulla scrivania, appoggiato casualmente e innocuo, tutto sembrava meno che misterioso. Lo presi, lo studiai rigirandomelo tra le mani, nessun indizio. Per un momento mi venne l’idea di disegnare la mano come (forse) avevo già fatto, un brivido mi corse lungo la spina dorsale; adesso mi piaceva quell’alone di mistero che si era creato intorno a questo fatto, mi sentivo in un film. Tuttavia non lo feci, neanche gli tolsi il cappuccio, anzi lo riappoggiai sulla scrivania, (non) pensando: che stronzata! E mi diressi verso il mio tonno, pensando.



3.
E Pranzai.
Subito dopo pranzo mi ritrovai seduto sul divano a riflettere sui miei amici. Mi venne in mente il mio amico Johnatan e il fatto di quanto io e lui insieme ci sentiamo per così dire “sopra le righe”…



4.
Io e Johnatan ci siamo conosciuti durante il Liceo, lui è di due anni più giovane di me. Dovessi dire qual è stato il segreto che ci ha unito da subito e fino ad adesso, non lo saprei; un giorno, la nostra amicizia era già consolidata, eravamo in viaggio, io avevo preso la patente da poco, ma neanche tanto, in direzione Casa del Diavolo, un paese nei paraggi della nostra città di residenza.
Con noi in macchina c’erano anche Gianbattista e Mattia, nostri amici. Io e Johnatan e Gianbattista e Mattia. Stavamo andando ad una festa “rossa” alla quale, dicevano, avrebbe partecipato anche Fausto Bertinotti, facendo un discorso ai convenuti. A noi Bertinotti piaceva! Cazzo se ci piaceva! Forse a Mattia un po’ meno ma… non ci sono ma. Una festa, di quelle del tipo sagra paesana, con stand, musica, gente che beve, gente che mangia panini con salsicce, giovani e meno giovani che fumano sigarette, che indossano vestiti, che amano, che odiano, che invidiano, che sono egoisti, molto egoisti, che parlano di cose interessanti o meno, ma parlano, ciarlano, bisbigliano e gridano ubriachi. Raramente un cane, molti bambini, alcuni nelle carrozzelle, altri cresciuti che corrono tra le gambe degli adulti e non sanno che quella è una festa politicamente schierata. A sinistra.
Dunque, usciti dalla superstrada imbocchiamo il lungo rettilineo che ci porta al paese della festa, gia buio il cielo, era luglio. Dopo esser scesi dall’auto, la Panda color rosso bordeaux (con il tettuccio apribile in due punti distinti, due tettucci color beige) di mia madre, trovammo due bandiere russe e rosse che facevano da guardiane all’ingresso, di gente non ce n’era molta. Ossia sì, c’era gente, e in numero potevano anche superare le mille persone, ma in relazione alla portata dell’evento e considerando inoltre la grandezza dello spazio adibito, diciamo pure che l’affluenza era scarsa; insomma non era affollato e, per così dire, potevi muoverti con discreta libertà. Da questo tipo di “adunate” ti aspetti sempre molte più persone convenute di quelle che in realtà, puntualmente, ogni volta trovi. Sì insomma, il senso di vuoto che ti dà uno spazio mal riempito è quanto di più opposto al calore che vorresti da una festa cui tu tendi, in senso spirituale. Freddo, era luglio ma niente feeling, quindi freddo. Poca gente → freddo interiore → vibrazioni negative.
Ci aggirammo. La cosa che notammo subito fu che non c’era un polo d’attrazione per la gente, un punto di convergenza, un fuoco, un’area a densità maggiore… Non c’erano poi palchi, un cazzo di stand per le conferenze o i dibattiti, dove mai poteva essere Fausto Bertinotti? Chiediamolo a qualcuno! Giambattista, quella merda, ci fermò e disse: “ragazzi devo confessarvi che la presenza di Fausto Bertinotti me la sono inventata per trascinarvi qui…” Ma che stronzo! Sei una merda Gianbattista! Che stronzo! Seguì un quarto d’ora di insulti, che rinominammo: “IL quarto d’ora degli insulti pesanti verso Gianbattista”; fu un quarto d’ora alquanto deprimente, perché eravamo delusi e arrabbiati e stavamo ingiuriando un nostro amico senza rimanere sullo scherzo, anzi! Erano offese pesanti sulla sua bruttezza esteriore perché lo ritenevamo deforme, ed interiore perché lo chiamavamo stupido; offese sulla bruttezza della sua condizione di sottocultura e condanne alla sua grama ed inutile vita passata presente e futura. Stavamo trattando Gianbattista, ottima persona, come un bieco non so cosa; gli stronzi eravamo noi!
Ci avvicinammo allo stand delle birre e ben presto la nostra attenzione fu catalizzata dalla bionda bevanda che spumeggiava nei bicchieri dei compagni l’attorno. Voltato di spalle seduto al bancone c’era il nostro vecchio (e vecchio era anche di età, aveva circa cinquanta anni) amico Marione, detto Diego. Alto, abbastanza pelato coi pochi capelli grigi arruffati, paonazzo in volto, la barba sempre rasata, di costituzione normale, non grasso ma con un enorme pancione, vestito sempre di grigio e blu e nero con vestiti da povero; una brava persona.
Vedo cammelli che corrono veloci nei corridoi, mi passano vi… vicino e sbattono la testa al muro, fortissimo! Non ho paura ma vado di fretta, è per questo che sono frenetico.
Quando ci riconobbe fu subito festa: iniziò generosamente ad offrirci bicchieroni di chiara doppio malto, giri su giri, paga Diego! Naturalmente era nostro dovere ricambiare la gentilezza quindi ben presto fu il nostro turno, pago io, paga Mattia, paga Gianbattista, paga Johnatan, altri giri, passano due ore siamo a quota otto birre medie a testa, circa tre litri significa ubriachi…
-allora Diego, come te la passi?
-abbastanza mele, mia moglie mi ha denunciato…
-denunciato? Mele?
-cosa?
-hai detto mele?
-ho detto mele?
-hai appena detto “abbastanza mele” o sbaglio?
-si ho detto mele, non sbagli, sono ubriaco, capita
-ah… è che pensavo non ti fossi accorto. poteva essere preoccupante
-certo che mi sono accorto, speravo che tu non ti fossi accorto sai, non mi piace risultare ridicolo
-non c’è niente di ridicolo, sei ubriaco; ho detto e fatto cose molto peggiori da ubriaco. […] Una volta all’uscita della discoteca mi sono calato pantaloni e mutande e salutavo la gente che se ne andava a casa col pisello all’aria. non è una cosa molto carina… tra l’altro non stavo fermo, ma salivo e saltavo sopra le Porsche parcheggiate là davanti;
-io ti ammazzerei per una cosa del genere, cioè se mi salti sopra la macchina, non importa se è una Porsche
-già… il fatto divertente fu che la mia ragazza per portarmi via, visto che non mi schiodavo, mi afferrò per l’uccello e mi tirò fino alla macchina.
-Cristo santo!
-già… fortunatamente nessuno si è arrabbiato, perché ero ben disposto alla rissa, e in quelle condizioni stai sicuro che mi avrebbero pestato ben bene!
-però!
-già…
-comunque, dicevo, speravo non ti fossi accorto che ho detto mele perché mi succede anche da sobrio di sbagliare le parole.
-ma dai!
-Giorni fa stavo giocando a carte a casa di un amico, c’erano sette otto persone sedute al tavolo…
-che gioco facevate?
-sette e mezzo
-bello
-già…
Dipsomania.
-dunque stiamo giocando. Arriva il mio turno da mazziere e dico alla moglie del mio amico: “mi prendi il cazzo per favore?”; sono scoppiati tutti a ridere, io non ho saputo reggere la situazione mi sono alzato e me ne sono andato. Capisci insomma che ne soffro…
-però!
-già…
-ovviamente tu volevi dire mi prendi il mazzo
-certo
-…
-…
-…
-…
Scoppiammo tutti e quattro a ridere in faccia al povero Diego che si arrabbiò e spaccò il suo ottavo bicchiere violentemente a terra, noi ridevamo di gusto, lui se ne andò senza dirci perché sua moglie lo aveva denunciato.



5.
Una band iniziò a suonare proprio di fronte al bar. Erano dei ragazzi della nostra età che suonavano cover di Ligabue e dei Litfiba. Non ci piaceva la musica che facevano, noi eravamo molto più rock e noi avevamo un gruppo anche noi, molto più bello, oh. “Bologna” il gruppo si chiamava,
che nome del cazzo per un gruppo! Molto ubriachi, ascoltavamo distratti i “Bologna” che cantavano “...qui niente male a a a sembra un funerale, chi muore solo, chi ammazza per il pane, c’è aria di festa, la morte è pure questa! dice che è proibito, è proibito anche pensare…”.
Ci venne in mente, visto la loro limitata bravura e visto la estrema disattenzione dell’auditorio, che potevamo auto-invitarci per una jam, io avrei suonato la batteria, Johnatan la chitarra, Gianbattista si sarebbe improvvisato cantante e Mattia avrebbe continuato a bere e avrebbe riso a crepapelle del nostro show bislacco.



6.
La jam la facemmo, anzi, suonammo solo noi perché i membri dei “Bologna” non vollero mescolarsi… Ci cedettero gli strumenti senza problema visto che non era roba loro, e si misero in disparte ad osservarci. Fummo pietosi nella nostra esecuzione di “orsobruno”, bel pezzo grunge-noise scritto da Johnatan che in quella occasione risultò ridicolo; provammo poi a sfoggiare la nostra versione reggae di “Curre Curre Guagliò” ma i risultati non furono migliori. Ce ne andammo.
G
E
O
M
E
T
R
I
A



7.
In macchina eravamo euforici. Ubriachi. Dannosi. Teppisti dentro. Sgommando partimmo direzione Casa Madre, ben presto il tachimetro segnava cento chilometri orari, la strada statale che corre in mezzo al paese.
Arrivati al curvone, lungo la strada vedemmo un mucchio di gente assiepata intorno al nulla, o almeno questo sembrava… Rallentai per capire meglio la scena, ma i nostri occhi spalancati non riuscirono a cogliere alcunché; dalla folla invece venivano rivolte verso di noi delle grida incomprensibili; stavano dicendo “Fanale! Fanale!”, intendendo ovviamente dire che avevo i fari spenti. Le nostre menti alterate capirono tutt’altro, e fummo unanimemente convinti che ci avessero detto “Van Halen! Van Halen!”.
Dopo poco rimuginare, e qualche centinaio di metri percorsi, arrivammo alla conclusione che nessuno aveva il diritto di urlarci addosso “Van Halen” e per questo decidemmo di tornare indietro. Feci manovra e mi diressi spedito verso i nemici; passando a tutta velocità di nuovo da vanti a loro urlando “Vaffanculo!” o “Falliti!” o anche “porco zio!”………….
……………ora bisognava fare di nuovo manovra, la feci. Sgommai di nuovo verso casa; arrivati che fummo all’assiepamento, quattro energumeni ci sbarrarono la strada, dovetti inchiodare; tempo zero una cascata di calci che ammaccano urla disumane manate a noi che avevamo i finestrini aperti una guerra. Mentre un ciccione mi teneva per i capelli e mi bordava di cazzottoni sul muso, qualcuno aveva tirato fuori dalla macchina Johnatan e aveva iniziato a prenderlo a calci. Non potevamo parlare, Gianbattista e Mattia seduti dietro erano al sicuro (la macchina non ha portiere posteriori!)? Neanche per idea, per quanto riguarda Mattia! Fu trascinato fuori da non so chi, e vi rimase, visto che Johnatan rientrò sanguinante proprio nel momento in cui ero riuscito (anche io sanguinavo come un tacchino) non so come a staccarmi di dosso il ciccione. Partimmo di scatto, no matter Mattia.



8.
“One” dei Metallica, che uso come suoneria del cellulare, mi distolse dai pensieri su Johnatan. Il telefono si trovava in camera mia così mi alzai dal divano e mi trascinai “scalzamente” verso la mia stanza da letto. Johnatan mi stava telefonando.
-ho capito tutto!
-cosa?
-dobbiamo scrivere canzoni; senza suonare o fare gruppi, solo concetti, solo quello
-ma di che stai parlando?
In realtà lo sapevo benissimo cosa stava dicendo. Mi aveva appena comunicato che Toni aveva comprato il fumo, era tornato e ora ci forniva i nostri dieci grammi di polline e voleva i soldi…
-sto parlando di far faticare altra gente! Se vuoi fare la rockstar devi faticare da bestie, devi fare una lunga gavetta; ottieni gloria e denari dopo molti anni di stenti e privazioni e dedizione al tuo strumento, cosa che noi non abbiamo
-cosa?
-la dedizione. A niente. Siamo dei cazzoni viziati, non siamo disposti a faticare, vogliamo il privilegio a prescindere da tutto…
-però abbiamo le idee
-esatto!
-delle ottime idee, un buon gusto musicale e una ampia visione del panorama musicale con un’ampia visione delle prospettive e delle retrospettive
-continua
-potremmo costruire delle canzoni ad hoc, plasmate sui gusti e le tendenze della massa, il massimo del commerciale come concetto, ma se filtri la cosa attraverso le nostre menti eccelse, ottieni pura Arte
-e chi le suonerà?
-già; chi le suonerà?
-i migliori musicisti dilettanti che troviamo in città, ad esempio come bass-player suggerisco Marchino
-sì Marchino va bene, ha il feeling…
-potremmo chiamare Ciro a suonare la batteria, è il migliore
-sì Ciro, adesso basta però, mi duole la testa quando farnetico…
Riattaccai il telefono in faccia a Johnatan, non era considerato scortese fra di noi, certo urtava, ma noi dovevamo mantenere i nostri ruoli ad un livello sostenuto quindi c’erano dei prezzi da pagare e uno di questi prezzi era la durezza. Niente sentimentalismi, il mondo era crudele per quanto facile, quindi niente sentimentalismi.
Tornai a sedermi sul divano, pensavo a Johnatan.


9.
“One” dei Metallica, che uso come suoneria del cellulare, mi distolse dai pensieri su Johnatan. Il telefono si trovava in camera mia così mi alzai dal divano e mi trascinai “scalzamente” verso la mia stanza da letto. Alice mi stava telefonando.
-ciao amore!
-ciao un cazzo! Disse lei.
-buongiorno stella mia dolce! Come mai tanta gioia di sentirmi?
-tua un cazzo, brutto fallito…
Le riattaccai il telefono in faccia, la richiamo dopo, pensai. Tornai al divano, pensando: “adesso che cazzo le succede?”. Questa volta il telefono me lo ero portato dietro.



10.
Si sentivano gli schiamazzi dei bimbi in strada, la stessa strada in cui avevo schiamazzato anch’io anni addietro e mi ero fatto odiare dai vicini come a mia volta ero vicino io che odiavo i bimbi attuali. Sudavo; la tv mostrava mostri in giacca e cravatta; mia madre mi porgeva frutta; mio padre mi parlava di auto; non riuscivo a concentrarmi sulla mia ragazza e scattai in piedi; corsi “scalzamente” a vestirmi: pantaloni neri a tre quarti (zuava), t-shirt nera con su disegnato un teschio che tiene nella scheletrica bocca una rosa rossa, sandali etnici tipo decorazione tribale sulle fasce… Io esco! Saltai sulla bici, che non era una bici da passeggio da donna con il cestino davanti come poteva averci jack frusciante è uscito dal gruppo, ma una mountain bike grigia sottomarca con le ruote rosse. Ti amo, pensai. Io la amo quella stronza, e tifo per lei, ma sono anche in competizione con lei…
-Lucaaaa!!!!!!!- era la Giuliana che urlava ver me dal terzo piano, una simpatica signora di 65 anni circa molto loquace
-Perché ti sei tagliato i capelli! Ti stavano così bene quei capelloni!
-Sentivo troppo caldo Giuliana!
-Ma tu sei bello, stai bene in tutti i modi!
-Eh sì, magari! Ciao!
-Ciao Luchino!
Sfrecciavo tra i mocciosi e finalmente fui lontano da casa. La piazza in centro era una padella sul fuoco, con dentro a cuocere qualche turista tedesco o inglese non lo so, ma bianchi come latte e vestiti da tedeschi o da inglesi in vacanza. Che noia questo posto! Sul palco stavano montando le casse e gli strumenti, per un eventuale concerto di stasera! Wow! Che sballo! Verrò qui al bar seduto sui tavoli di fuori con Lucio e qualcun’altro, berremo delle birre e prenderemo un bignè per festeggiare il nostro non-compleanno; spero che qualcuno mi regali un tubo sdoppiatore in plastica o almeno una foto di Massimo Radicchi, certo è che sul bignè dovranno esserci le candeline, tante quanti sono i mesi che ho vissuto fino ad ora. Aspetto che Giuseppe chiami, dobbiamo andare all’ufficio postale a ritirare il nostro pacco. Abbiamo ordinato dei cd, io ho ordinato “Lateralus” dei Tool e “Nothingface” dei Voivod, lui ha ordinato Lateralus” dei Tool e una maglietta dei Metallica quella del tour di “Master of Puppets”… Devo pagare 30 euro circa.
Beppe arrivò dopo un quarto d’ora circa, io mi ero già annoiato abbastanza, parlando con Stefano che passava di lì, e mi si era messo a raccontare dei giochi di ruolo tipo Warhammer o simili, con particolare riferimento alla scena umbra, che conta una nutrita schiera di appassionati; di recente abbiamo costituito un club qui in città con sede in vi…
-ciao Beppe!! Scusa Ste’ mi tocca andare, ne parliamo la prox!
Ritirato il pacco tornai a casa. I miei erano usciti, erano le 17.00, sarebbero tornati non prima delle 19.00. Andai in camera mia e mi tolsi tutto di dosso, completamente nudo mi sedetti sul divano.


11.
Dal divano la chiamai.
Più ti conosco, più mi conosco, ma non so parlare. E’ inutile, non ho la freddezza del momento, e dire ciò che mi passa per la testa il più delle volte risulterebbe stomachevole…
Più sono emotivamente coinvolto meno sono lucido; più sono emotivamente coinvolto meno me la sento di dire cose idiote generate dalla poca lucidità, ma sto migliorando. Tu mi aiuti in questo senso perché mi sproni e mi accetti, perché sei entrata e non scappi; hai detto che IO dovrei scappare ma questa è la stra-ultima cosa che voglio perché ti voglio troppo bene, e voglio che tu stia bene perché anch’io così sto bene…
Allora: voglio aiutarti se ce n’è bisogno. Voglio sdrammatizzare e farti ridere. (sto usando troppo la parola “voglio”) Voglio dirti che sì, il mondo fa schifo, ma fa schifo per tutti. Voglio rendermi conto insieme a te che TUTTA la gente che ci sta intorno è sola come te o me e il confronto può giovare ma limitatamente, in un certo senso, visto che è quasi impossibile per due cervelli allinearsi completamente. Voglio banalmente ricordarti che bisogna non essere spaventati dal “come mi giudicheranno” ma so che tu sai come comportarti al meglio e questo basta.
Tante sono le cose che fanno stare male ed è difficile risolverle ma… Hai ragione: bisogna affrontarle di petto, una per volta, concentrandosi per ridurre e magari dissolvere un problema dopo l’altro, mantenendo la calma e la concezione che…
(hai presente i generi dei film?
cioè:avventura,thriller,commedia,horror,ecc.
Ecco, secondo te la vita che genere è?)
Dicevo: mantenendo la calma e la concezione che la vita è una lunga commedia. Una lunga commedia degli equivoci e delle disfunzioni e delle distrazioni; una commedia non brillante, neanche tragica. Tutto sta a come ci si pone, e la cosa migliore è la spontaneità; aumenta l’esperienza → aumenta la spontaneità: per me è così.
E poi: mettere in piazza i propri problemi non è bello, annoia; ostentare estrema sicurezza oltre il vero non è bello, risulta antipatico; interiorizzare situazioni incresciose incupisce; esternare tutto è sconsigliabile… Allora che cazzo bisogna fare? Selezionare. Credo si debba selezionare chi ci sta intorno abbastanza attentamente, e anche con costoro… non voglio dire che ci si può aiutare con delle bugie, magari innocue, ma lo penso; di sicuro le mezze verità sono necessarie…


12.
L’ANNUALE FESTA DI APERTURA DELLE CANTINE DI PIOBBICO
C’è un mio amico che considera questa occasione come il “suo Natale”, stessa importanza. Ogni anno, il sabato della seconda settimana di settembre è Natale. Quella sera si fumano anche molte sigarette, e si scopa sulle panchine e si vomita ovunque e si buttano gli amici dal ponte, e ci si butta dentro i cassonetti della spazzatura, e si ascolta musica dei gruppi la suonano dal vivo e si ubriacano come te che li ascolti, e ci si riscalda, e ci si bagna di sangria, e si vomita, e si fa vedere l’uccello, e si sfasciano a calci i portoni delle case dei poveri abitanti del centro, e si rubano le bici e i tricicli, e si chiede una canna al Carabiniere, e si scherza con l’altro Carabiniere che è in leva e se ne fotte dell’ordine, e si prende a sassate quella casa, e si ribaltano le Api Piaggio, e si scappa, e si soccorre i collassati, e si comprano le tazze da vino dell’annuale festa delle cantine, si mettono bastoni, e si incontra gente, si conosce nuova gente, si cade e si rotola, si urla si corre si litiga, ci si bacia e si bacia, si ride si piange ci si tinge i capelli di calce si salta e si sbava si ama s’invidia si vede si sente si fa…sol la si…ti do…re mi…le chiavi, guida tu.
Si è a casa ad alba inoltrata, e stanchi si dorme tutti nell’appartamento dell’amico che è solo, senza genitori che quella sera sono fuori.



13.
Dopo Alice fu la volta di avere al telefono Toni.
-Allora Toni, tutto ok?
-Un beneamato cazzo!
-Ehiehiehi! What’s happening amico mio?
-Quel rottinculo di Johnatan mi fa incazzare!
-Stai calmo toro! Che ti ha fatto stavolta?
-Dice che non mi paga il fumo finch…
-Porca troia Toni! Lo sai che non devi nominarlo! Lo sai che ci potrebbero essere sbirri in ascolto, che ci intercettano la chiamata e poi ci arrestano dio mio!
-Ma dai! Figurati se gli interessa di un piccolo consumatore come te che compra dieci grammi di fumo da un altro consumatore che ne ha venti e lo divide con un amico! Certo se era un mese fa, quando parlavamo della valigia con due chili di cocaina che ci portava il russo alla stazione sotto i portici del MacDonnels, allora si che bisognava parlare in codice, ma adesso no di sicuro! Certo gli stronzi sbirri ci possono stare ascoltando, ma che andassero ‘affanculo quei figli di troia, tanto non gli conviene uscire allo scoperto per così poco, eh stronzi!! Ehi dico a voi rammolliti! Mi sentite?
-Fortuna Toni che non ci hanno intercettato quando abbiamo progettato l’omicidio di quel maresciallo!
-Mamma mia! Lì sì che abbiamo rischiato! Cazzo se ci è andata bene!
-Già… eheheh
-Ehehehe, ahahahhah
-ahahahah….
-………..ah…ah…….
-……senti Toni, per il discorso di Johnatan ci penso io, tu vai tranquillo, stasera ti chiamo e sarà tutto a posto, ok?
-ciao!
-ciao.
Con il gioco della chiamata sgamata lo rabbonivo sempre, chissà perché gli piaceva così tanto quel gioco!?




14.
Eccomi qua ancora sul divano, ore 17.27. “One” dei Metallica, che uso come suoneria del cellulare, mi distolse dai pensieri su Toni. Il telefono si trovava, ebbene sì, in camera mia così mi alzai dal divano e mi trascinai “scalzamente” verso la mia stanza da letto. Mia madre mi stava telefonando.
-dimmi ma’
-sei a casa?
-sì
-sei tornato?
-sì
-che fai?
-niente
-mm…
-…dimmi
-se io e il babbo stiamo a cena fuori…
-io me la cavo, tranquilla ma’
-allora va bene
-ok ma’, ciao!
-ciao.
Yes! Un figlio gioisce sempre quando è solo a casa, è una questione di convivenza, non si vede l’ora di essere soli. Pensai di chiamare Alice, così magari ci scappa una scopata.



15.
Aprii gli occhi alle 11.00, il Suo corpo nudo e bellissimo giaceva accanto a me nudo; Lei stava dormendo. Gettai lo sguardo sulla Sua fica, il mio uccello era una torre, avrei voluto mangiarmela, tanto mi arrapava. Mi voltai su un fianco, ammirando il Suo sonno beato, la cappella si appoggiò alla Sua coscia… Con la mano iniziai ad accarezzarle il ventre e l’ombelico, la sua pelle liscia; guardavo i lineamenti mozzafiato del Suo viso, coi capelli castani un po’ arruffati, e le labbra voluttuose; la linea degli zigomi e le guance, ah!
Ben presto fui sul monte di Venere, con la mano tra i peli del pube: Cristo che meraviglia! Ti amo, amore mio, sei stupenda! Sei l’Unica Donna al mondo che mi commuova con la sua esistenza!
Le mie dita iniziarono a sfiorare le parti molli e addormentate dei suoi genitali, avevo bisogno di venire, stavo cadendo in una estasi sessuale… Viva la fica cazzo, viva la fica!
Emise un mugolio, voleva dormire. Stella mia, dormi beata! Staccai la mano dalla fica, Le sfiorai un seno e dopo essermi soffermato qualche secondo a contemplarla, Le baciai la spalla e tornai dalla mia parte del letto, occhi al soffitto, masturbandomi lentamente. Non cercavo l’orgasmo con la mano, ma una sorta di raffreddamento graduale, il chill out, il deflusso di sangue… Mi riaddormentai col sorriso in bocca, avevo tutto.
Mi risvegliai un’ora dopo circa, erano quasi le tredici, anche Lei era sveglia ma faceva finta di dormire; avevo di nuovo un’erezione; restai in attesa, non volevo disturbarla. Dopo poco disse “Amore…”, si girò verso di me e con la mano andò all’uccello; mi girai anch’io, iniziò a maneggiarlo con dolcezza.
E’ bello scopare al mattino, o durante il pomeriggio, o in macchina la notte, fumando uno spinello…



16.
-vieni da me? I miei sono usciti!