venerdì 8 agosto 2003

anche nelle discoteche rock spagnole si beve

Decisi di uscire, ero veramente spolpo. Avevo una bottiglia di birra in mano e all’uscita mi ruppero i coglioni i buttafuori che non potevo stare davanti al locale a bermi birra, in Spagna è proibito bere in strada. Ebbero molto da sbraitarmi addosso, io non capivo un cazzo di quello che dicevano, era spagnolo stretto e arrabbiato io continuavo a dire che non comprendevo loro mi presero a forza e mi trascinarono in un vicolo, mi avrebbero massacrato se non li avessero richiamati con la radiolina che dentro c’era un casino.
Ok. Vicolo, fuori dal locale. Quando sono arrivato qui non ero solo, c’erano Toni e Carmen e Ernesto e l’amico di Ernesto. Stavo dentro la nostra macchina… Sì. Toni se ne è andato con Carmen, gli altri sono tutti via… IO ho le chiavi della macchina! Dove sono? In tasca, ovvio. Dove si trova la macchina? Mi ricordo… Era una strada in salita, era una strada semibuia in salita… Avevamo parcheggiato la nostra macchina proprio dietro quella di Carmen, poi a piedi siamo venuti qua, allo ZetaZeta. Sì ma qual è la direzione? Provo per di qua. Mi ritrovai in una immensa piazza di cemento in mezzo ai grattacieli, con delle panchine e delle piante al centro, era un paesaggio di periferia, c’erano delle vetrine intorno, e dei ragazzi neri sopra una panchina più in là che fumavano qualcosa. Non mi ricordo di essere passato di qua. Tu non ti ricordi un cazzo, il tuo cervello si è spento ore ed ore fa, potresti esserci benissimo passato, idiota! Non qua, una cosa così me la ricorderei. Devo tornare indietro. Ripassai di fronte al locale e mi incamminai per la direzione opposta. Che rompimento di palle, dove cazzo devo andare, ho mal di testa mi viene da vomitare, adesso dovrò guidare, non sto in piedi. Sono solo e ubriaco, però che bella che era la musica là dentro… Trovai la semibuia, passai davanti la macchina di Carmen, c’era anche Toni dentro…
ero là dentro che stavo infilando due dita nella vagina di Carmen, lei stava oramai sbavando di voglia, quando intuisco fuori l’ombra di Marco ciondoloni. mi sporgo dal finestrino lo chiamo, è completamente sbronzo, ha una cascata di vomito sulla maglietta bianca con su scritto “FAKE”. mi risponde con uno strano singulto, e si porta alla macchina, la mia macchina.

avevo le brache calate, non mi importava molto di tutto il mondo fuori della macchina di Carmen. c’era sesso là dentro, l’unica cosa che contava: il sesso, il raggiungimento dell’orgasmo con sprigionamento di endorfine, sesso-droga, droga-sesso-endorfina, orgasmi a volontà, quanti più orgasmi si può. seghe pompini scopate nel culo, basta venire! godo, godo, godo, sì, vengo, vengooooooo!!!!!!!!!! ingoia il mio sperma amica mia, ingoialo. io lecco tutti i liquidi della tua fica in calore, vieni qui, il buco del culo, ci infilo la lingua porca troia. il perineo, mamma mia ti sbatto l’uccello ovunque, guarda che erezione, ti… … … insomma lasciai Marco al suo destino di ubriaco, le sorti della mia macchina non destavano grosso interesse in me. tump! Lo sportello che si chiude. vroam! Il motore che si accende. vrooooooooooammm!! Marco che ci dà dentro con il gas. graaaatt! Marco che tenta di inserire la prima senza schiacciare bene il pedale della frizione. effettivamente non riuscivo proprio a non pensarci così mi posi al vetro ad osservare lo svolgersi degli eventi e lasciai in sospeso la mia esclation con Carmen.
insomma Marco guidando la mia macchina percorre trenta metri in salita, si blocca, fa una strana manovra per rigirare il mezzo (effettivamente era la direzione opposta quella di casa), si ferma ancora con il muso rivolto verso di noi… e poi la macchina inizia lentamente a venirci incontro. la pendenza era molto dolce ed effettivamente sembrava come se si stesse muovendo spinta dalla forza di gravità piuttosto che dalla forza di volontà di Marco. a mezzo metro di distanza tra il paraurti anteriore della mia e il paraurti posteriore della “di Carmen” si bloccò, che la ruota era andata soavemente a sbattere al muretto del marciapiede, Marco non si vedeva. merda! Mi tocca scendere! … stava dormendo! stava dormendo! tutto accasciato tra i due sedili dormiva, la macchina era veramente scesa sotto gravità!
Mi svegliai che Toni mi stava scuotendo, la prima cosa che vidi furono le sue mutande bianche che spuntavano dai calzoni mezzo abbottonati, con la cintura che penzolava slacciata. Ero spalmato sui sedili anteriori della macchina di Toni che mi stava bestemmiando addosso, non capivo che cazzo stesse dicendo… “Ce la fai a tornare a casa?” disse alla fine. Ma mi vedi come sono, come cazzo pensi io possa guidare in queste condizioni, rompi tanto i coglioni che devo stare attento alla guida della tua macchina, poi mi chiedi se ce la faccio a guidare fino a casa? E poi non ti preoccupi per la mia salute? Porca troia, ma sei incoerente e stupido! Queste cose le pensai, ma non le dissi. Quello che dissi fu: “Ssci, gh… guido io! Tranquilo…” E partii, Toni cazzi suoi. Guidavo mentre avevo nella testa il motore di un boeing che decolla e davanti agli occhi la peggiore delle nebbie padane; percepivo la lussuosa strada rettilinea che stavo percorrendo come fosse il percorso sterrato di una gincana…

sono le 22

Quattro ore dopo siamo nella nostra bella stanza -veramente bella!- in un ostello per la gioventù dentro la capitale. stanza da due, una rarità per un ostello...meglio così. mentre Toni si lava, preparo delle righe, i festeggiamenti per i miei venticinque anni.
una me la faccio. inizio:
-sai Toni, credo che questa sera dovremmo andare in discoteca....

a zonzo totale

eccoci qua in piazza [................] entriamo in un bar con una certa fame. siamo in forma e il caldo assurdo di madrid ci induce ad una birra gelata. ottimo, in quel bar servono delle tapas da paura! ci infiliamo dentro. una birra, due birre, tre birre, quattro birre, cinque birre... stop! cocaina! perfetto. si va. ci sono i saldi in questa città, rebajas, si dice. prosegue il nostro delirio, in lucido affanno.
verso le 18, ecco che squilla il telefono, Toni risponde.
-brutti figli di troia, che cazzo avete combinato!
-lascia che ti spieghi...
-cosa cazzo vuoi spiegare, stronzo!
-no ma...
-VAFFANCULO! siete delle merde! come vi permettete!
durò un paio di minuti, l’ultima frase fu:
-venite, i vostri zaini di merda sono volati qui sotto, non metterete mai più piede in casa mia!

giovedì 7 agosto 2003

madrid

la sveglia del mio cellulare. che cazzo... sono disteso per terra, il naso su un sudicio tappeto... oddio. calma un attimo. oggi è il mio compleanno. Toni! sveglia!
-mmmph....
-sveglia stronzo! oggi compio un quarto di secolo!
mentre si sveglia ripenso agli ultimi tre/quattro giorni... dopo aver trascorso sessanta ore in ospedale, la notizia finale della morte di Nicola ci aveva lasciati abbastanza indifferenti... eravamo partiti senza salutare nessuno e alle sette di sera eravamo a Madrid... un’ora dopo, il quarto bicchiere, un superalcolico tipo sambuca, è l’ultima cosa che ricordo: io e Toni in quel bar. poi buio pesto.

adesso siamo in casa di Gianluca, il nostro amico che insegna italiano agli spagnoli. come ci siamo arrivati, non so. quel che vedo è che ci siamo buttati per terra e abbiam dormito vestiti usando il bagaglio come cuscino...
-....aaaaaaaaaaaaaaa!
vomito per terra....sto meglio... vedo tutto benissimo, a parte un certo alone tipico del risveglio… Cazzo! Ho dormito ancora con le lenti incollate agli occhi! Toni non si muove da quella innaturale posizione prona con il braccio sinistro tutto attorcigliato sulla testa (o era il destro?).
-sveglia bastardo! è il mio compleanno!!
-mmm... ma dove siamo?
-a casa di Gianluca.

Venticinque minuti dopo, soli in casa di altri senza saperne il motivo, siamo lì che tiriamo la coca di Saragozza sul tavolino di legno... primo pomeriggio, caldo boia, dove saranno andati Gianluca e Grazia, quel pezzo di fica della sua ragazza? meglio non saperlo. guarda che disastro, vomito e caos... vado al cesso oh mio dio!!! chi cazzo ha cacato nella vasca da bagno? siamo stati noi? dove cazzo sono quei due? silenzio. altro tiro di coca, del resto oggi è festa.
-andiamocene prima che tornino!
bella idea del cazzo, ma comunque l’unica cosa da fare. vuoi forse affrontarli? chiederemo scusa a Gianluca quando sarà il momento. bene. teliamo. si, ma la macchina dov’è? usciamo fuori, caos totale. siamo lungo una grossa strada trafficatissima, potrebbe essere ovunque! aspetta... il vago ricordo di una piazzetta... eccola! la macchina dovrebbe essere proprio là!
infatti.

ok, Ora dobbiamo solo salire a prendere i bagagli e fuggire via velocemente. rifacciamo le scale, tre piani spagnoli, e... sorpresona!
-ma sei stronzo!
sì, ero stato proprio stronzo a non bloccare la porta d’ingresso con lo zerbino, ad esempio. ovviamente non avevamo le chiavi di casa. le chiavi della macchina e i bagagli erano invece dentro, al sicuro fino al ritorno di Gianluca. di passare dalla finestra od altre acrobazie del genere non ci sfiorò nemmeno l’idea. vorrà dire che ce ne andremo in giro per la città, abbiamo il cellulare. ci chiamerà.

martedì 5 agosto 2003

pòck!

Quattro ore dopo siamo al “bowling” di Saragozza. I “bowling” sono tutti uguali, ovunque nel mondo, questo addirittura si chiamava “Bowl-a-rama”. Chiunque può immaginarsi un bowling, perché non può non averne mai visto uno, anche se non di persona, almeno in un film o in una cazzo di fotografia… Comunque: visto uno, visti tutti. L’allegra compagnia questa volta era composta da: io e Toni, Mr. Cian (il nostro avvocato), Gemma (la ex di Kike), Kike (il marito attuale di Gemma), Ernesto (il messicano gay), il ragazzo di Ernesto e Nicola (un italiano). Rita e Luciano non erano dei nostri perché se ne erano andati al mare verso Barcellona, sarebbero stati via qualche giorno, giusto in tempo per non incontrarli mai più. Carmen del “Boteron” stava lavorando, forse ci avrebbe raggiunto più tardi. Louisito non ci avrebbe raggiunto mai perché lui non si confonde con queste stronzate. Le scarpe del bowling, le calze usa e getta per l’igiene, prendiamo la pista uno, quella che confina a destra con la due e a sinistra con l’area biliardini dalla quale è separata de un muro trasparente di plastica. Allora, bisogna impostare il computer, è tutto scritto in spagnolo, Kike armeggia con la tastiera, tu come ti chiami? Marco. Si inizia: Ernesto fa strike; Gemma ne lascia in piedi tre, ma li butta giù col secondo tiro; Mr. Cian fa strike; Nicola infila la palla nel corridoio laterale, poi con la seconda li butta giù tutti. Tocca a me; ci avevo già giocato altre volte, me la ero sempre cavata… Prima palla, scelgo la nera da tredici chili, corridoio; seconda palla, corridoio. Zero birilli, zero punti. Che gioco di merda. A testa bassa vado a sedermi vicino Toni.
-devi stare calmo, eri tutto sbilanciato, non ti concentri- mi dice Toni con fare paterno.
-non mi gonfiare i coglioni, ok? Smetti di guardarmi così…
-ehi! Volevo solo darti un consiglio, rilassati! (intanto tira il ragazzo di Ernesto, ne butta giù quattro centrali con la prima, zero con la seconda)
-non mi dire cosa devo fare, non preoccuparti… vuoi una birra? vado a prendere la birra, anzi: chi vuole una birra? Una cagna, (una cazzo di cagna, spagnoli di merda che giocate bene a bowling), chi la vuole?
Tutti. Ok, ci penso io.
-aspetta, guarda almeno che tiro io!
Anche Toni fa strike. Porca di quella troia sono già fuori, non recupererò mai. Che stronzata venire al bowling.
-bravo Toni! Gli faccio, falso come non mai.
Quando torno con un vassoio pieno di bicchieri, sta tirando mr. Cian che fa di nuovo strike… Ora tocca a me, ne butto giù uno con la prima, mi volto tutti mi guardano con compassione, qualcuno fa finta di non avermi visto. Quando sei incazzato perché non riesci in qualcosa ti si vede in faccia, e fai pena. Il fare pena mi fa più incazzare ancora, è una spirale che non tollero proprio. Odio tutti. Tiro la seconda, butto giù altri due birilli, sono contento che non è andata nel corridoio, ma comunque resto nella mediocrità. Odio. Si continua, tira lui, tira lei poi lui e lui con una sigaretta accesa e l’altro e lui e io accendo una sigaretta e Toni anche e lei e lui, tiri, grida, birra, applausi, sigarette, prese per il culo, poi applausi e birra, sprazzi di agonismo, birra e sigarette, tiri e sigarette, birilli e birra, palle da bowling e un messicano grassone, e lei fuma, lui beve, l’altro tira una palla viola, Toni ride di gusto con Kike, io scherzo con Nicola, fumiamo e quando tocca a noi tiriamo, e si beve birra, e si fuma, e si segnano i punti, automaticamente, passami l’accendino, bravo!!!, che culo ancora strike, mr. Cian silenzioso si appresta a vincere, siamo tutti ubriachi.

Quando fu il turno di Nicola, magicamente fu anche il momento che dagli altoparlanti uscì “Don’t let me be misunderstood”, quella in versione estesa come si sente in “Kill Bill vol. 1” di Tarantino (nel momento del duello tra Uma e Lucy). Veramente non era proprio il momento di Nicola nel senso che stavamo tutti andando via, ma lui voleva tirare l’ultima palla, e lo voleva fare in modo spettacolare. E lo fece.
Inizia studiando i birilli, eccolo che porta la palla dinanzi agli occhi, tenendola a due mani con fare impeccabile; la gamba sinistra ruotata indietro, posa delicatamente sulla punta; pancia dentro petto all’infuori, il viso concentrato come quello di chi sfida un toro. Parte la rincorsa. Maestosa. Il braccio destro si allunga indietro e con tecnica da manuale torna in avanti per scagliare la palla. Si muove da dio, è la danza del maestro di bowling. Ma… Nicola è ubriaco, no: è completamente ubriaco. Non può aver pensato a tutto, la perfezione non si sposa con lo stato di ebbrezza estrema. Tutti noi sentiamo qualcosa di speciale nell’aria, anzi, tutti quelli che stanno dentro il Bowl-a-rama sentono qualcosa di speciale, infatti siamo tutti bloccati con lo sguardo rivolto verso Nicola; è come se il tempo si fosse fermato per tutti tranne che per lui e la sua palla. Una palla nera con tre buchi; tre buchi in cui infilare le dita… Le palle non sono tutte uguali, hanno diversi pesi e anche diverse misure per i fori delle dita. Già… Bisogna scegliere accuratamente la palla che si addice alle proprie dita. Se si scelgono buchi troppo larghi la palla rischia di scapparci di mano prima del dovuto, viceversa, con buchi troppo stretti rischiamo di non controllare il momento esatto del lancio. Nicola per esempio, ha scelto buchi troppo stretti e così ecco che la palla non si stacca nel momento giusto, ma lo fa un istante dopo, quando la tangente al movimento rotatorio della sua mano destra ha ormai assunto la direzione verticale. Questo imprevisto fa sbilanciare Nicola che inciampa sui suoi stessi piedi e inizia a barcollare impetuosamente superando la striscia rossa ed entrando nel corridoio dove solo le palle dovrebbero passare ed infine cadendo faccia all’avanti; contemporaneamente la palla, assunta una traiettoria parabolica stretta e alta, sale sale sale e scende scende scende precisamente sulla nuca del Nicola appena disteso, prono. Pòck! Il rumore sordo della botta in testa mi fece pensare alla mazzata che Bob de Niro sferra al tipo seduto a tavola ne “Gli Intoccabili”.

Carmen y Pilar

Albergavamo in un delizioso appartamento nel pieno centro della città. Era la casa di Pilar, madre di Kike, che per l’occasione del nostro arrivo si era trasferita nell’appartamento di sua sorella Carmen, che si trovava sullo stesso edificio, allo stesso piano, praticamente attaccata… Due sorelle, due appartamenti uguali, disposti in serie. Gentilissime anziane sorelle, ci avevano dato in mano le chiavi di una delle loro case, Kike doveva averle istruite bene sulla nostra importanza… Dunque noi eravamo importanti per Kike! Meritavamo addirittura la casa di sua madre! La mia camera era il salotto di Pilar, Toni dormiva invece sul letto di Pilar… Dormimmo fino alle sedici, e il risveglio fu ancora una volta confuso… Dove cazzo sono! Pensai. Apro gli occhi mi ritrovo sul divano letto di una strana casa inondata di luce e calore, sono sudato in mutande, ho un mal di testa inaudito, di fronte a me una anziana signora che mi sorride dicendo incomprensibili parole… O…Dio! Ma che succede! … che razza di incubo… …sono… “Marcooo!!!” Toni? La sua voce rotta mi arrivava all’orecchio provenendo da un non-luogo… Siamo in Spagna! A Saragozza, in casa di Pilar, che potrebbe essere questa qua di fronte a me, oppure questa è Carmen e Pilar sta parlando con Toni, di là… Buongiorno Signora! Come va? … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … . … … … … … … … … … … … … … … … … … … … …le signore ci dettero trenta minuti di tempo per prepararci, ci avrebbero portato a “pranzo” in un ristorante di amici, una volta pronti le avremmo chiamate bussando al muro del corridoio, un muro che divide i due appartamenti… Ok, ci vediamo dopo! Constato il fatto che non sapremo mai come abbiamo fatto ad arrivare dentro casa, spogliarci e metterci a letto; chissà se qualcuno ha guidato la nostra macchina, i miei ricordi si fermano alla cena. …non mi hanno picchiato, non mi hanno arrestato, mi avranno derubato? Ho il portafoglio, ho il cellulare, ho anche le sigarette, e Toni?
-buongiorno
-ciao Marco, dormito bene?
-si, tu?
-non lo so…
-ti hanno derubato?
-no
-la macchina?
-è parcheggiata qui di fronte, l’ho vista dalla finestra, prima…
-cazzo, benissimo! Com’è successo?
-non ne ho la più pallida idea
-siamo vivi, stiamo bene…
-si, a parte il fatto che ho la testa franta e non mi ricordo un cazzo
-io pure
-incredibile! Come cazz…
-eh
-eheh
-ehahahaha
-ahehehah
-aahahahahahahhahaahahahahahahhahaahahahahahahhah
-ahahahahahahahah!
Pisciammo, io cacai anche, e andammo a “pranzo”.

lunedì 4 agosto 2003

Al "Gato"

Quattro ore dopo, arzillo come un gatto, ero seduto sugli sgabelli di fronte al bancone di “El Gato”, tutto intento a parlare della situazione politica americana con Ernesto, un messicano di mezza età, enorme e gay, che mi assecondava sperando di fare sesso con me. Non sono molto metodico sulle cose che faccio, non porto quasi mai a termine un progetto, mi stanco troppo presto delle novità che, non essendo più tali, con il tempo diventano noiosa routine, ecchepalle! Non so dove spero di arrivare continuando così, sicuramente molto poco lontano, ma, non è forse questo il bello? Non si arriva mai neanche a raggiungere il quindici percento della “grandezza” che ci si era proposti, o comunque immaginati o si aveva “segretamente sognato di raggiungere concretamente”, non parlandone per scaramanzia, per non “gufare”… Io lo so… So che niente di tutto quello che sogno accadrà mai così come lo sogno, ma soltanto una versione misera e molto ridotta del compendio della metà più brutta di quel sogno, e allora? Che campo a fare? Mi esalta inventarmi gli obiettivi, ma non li perseguo mai fino in fondo, perché so che sono passatempi; so che non hanno nulla a che vedere con la soluzione ultima del mistero, con la teoria unificata del tutto, con la definitiva percezione dell’essere, con lo scioglimento delle angustie umane. Dovrei dedicarmi all’astrofisica, per indagare i segreti del cosmo, o interessarmi di meccanica quantistica, o cercare di capire cosa dice la teoria delle stringhe… Perché esiste il principio di indeterminazione? Cos’è che Einstein non ha avuto il tempo di dirci? Cos’è un buco nero? Non lo so… Eppoi è troppo difficile e impegnativo dedicarsi a quese cose, non potrei godermi la vita, lascio che lo faccia qualcun altro, anche se so che io potrei farlo al meglio, e fondamentale sarebbe il mio contributo… Peccato. Nascerà prima o poi qualcuno bravo quanto me che ha anche voglia di applicarsi, no io. So. A me mi piacciono le sostanze che alterano la percezione della realtà, ne faccio uso, a volte abuso, e non mi pento, fanculo la morale, fanculo la polizia, fanculo la vita eterna. Due ore prima di parlare con Ernesto ero nel bagno del pub che sniffavo due righe di coca buona, una ora prima di essere nel bagno ero sulle poltroncine del locale tutto intento a sedurre Rita con discorsi suadenti e bugie da piacione, quaranta minuti prima di provarci con Rita mi stavo addormentando dentro “El Gato”, dieci minuti dopo mi facevano sniffare della roba… Luciano si incazzò, il serrato dialogo tra me e Rita si era prolungato ben oltre l’accettabile, tra l’altro quando venne ad interromperci stavamo parlando di sesso, e sembravamo ben affiatati; se ne andò arrabbiato portando via con se la sua bella, e neanche salutandomi. Io non me ne curai molto, sniffai ancora e passai ad Ernesto. Io e Toni, fatti di coca, sporchi e cattivi, felicissimi mattatori di una serata al pub in Saragozza, Spagna.

L'allegra compagnia

La limpida serata saragozzana, la temperatura piacevolmente calda, la gente sorridente e festosa per le strade, era estate, era vacanza si sentiva nell’aria, e tutto combaciava, la nostra allegra compagnia si inseriva perfettamente nel quadro generale di evasione, ogni cosa al posto giusto nel momento giusto, in armonia, tutti, e tutto, o quasi. IO ero la nota stonata di questa sinfonia gaudente e spensierata: sporco, con la barba, non mi lavavo da molto, ero vestito male con i jeans neri scoloriti per l’usura, una anonima t-shirt grigia consumata e sudata, avevo anche uno squallido marsupio legato in vita, blu, ero ubriaco fradicio, e stanchissimo, mi sentivo osservato con occhio compassionevole da tutti… Ah… Mio Dio… Quali strani momenti ci costringi a vivere talvolta… L’allegra compagnia si muoveva camminando per le strade lucenti della città, fin quando giunse al pub “El Gato”, il pub di Josè Louis, aka Louisito.

Al "Boteron"

Quattro ore dopo siamo in pieno centro di Saragozza, nel ristorante di Carmen: il “Boteron”. Un piccolo e caratteristico locale spagnolo, tutto in legno, una specie di trattoria, un clima amichevole e soffuso, molto marrone. Io mi sento oltre la stanchezza, uno stadio di torpore e annullamento delle sensazioni che mangio persino degli schifosi pesci, odiato cibo marittimo. Delle cozze e altre schifezze dentro le conchiglie, ingoio tutto; le seppie sono buone, seppie immerse nel nero di seppia, ottime direi. A tavola con noi ci sono Luciano e Rita, Marco e Michela, tutti italiani tranne Rita che è di Saragozza; parliamo dell’Italia, diciamo cose da italiani, mi stupisco di Luciano, italiano per il novanta per cento della sua vita, che parla come se fosse uno spagnolo che ciancica un poco della nostra lingua. “Ma come è possibile! Io non ci credo che tu sei in Spagna da tre anni malapena, e ti sei già scordato l’italiano. Per me fingi! Sei un bluff, un fighetto!” Ovviamente con tono scherzoso, ma colpivo nel segno, almeno così mi sentivo: dritto al nocciolo della questione. Perché tu italiano per sempre, non parli italiano? E poi, ma non lo dissi, perché sei fuggito dall’Italia? Eri troppo sfigato per restarci? Ti lasci alle spalle una giovinezza triste, da emarginato? Non mi sembri molto bello, i tuoi amici ti prendevano per il culo, eri timido, non scopavi mai, ti ubriacavi per stare meglio ma ti rendevi soltanto più ridicolo del solito? Eri un disadattato del cazzo; complessato. Avevi iniziato anche a darci dentro con le pasticche. Una vita di merda. Oramai eri sputtanato là al tuo paese, sei dovuto fuggire da un mondo che ti considerava un perdente senza speranza. E sei venuto qua. Hai trovato lavoro, hai trovato una bella fica, Rita, che ti scopi e che tieni stretto stretto a te, attento a non fartela rubare! In fondo sei buono, amico mio, è giusto che tu venga premiato ma ricordati, il passato torna sempre, non cancellare dalla tua testa quello che sei stato, mantieni sempre vivo il ricordo dei giorni peggiori in modo che quando riaffioreranno tu sarai più forte e saprai affrontarli al meglio! Buona fortuna allora piccolo grande Luc… Marco! Mi perdevo in questi pensieri e Toni mi porgeva bicchieri colmi di vino rosso spagnolo. Non inserirò nemmeno una parola in lingua spagnola in questo resoconto. Ho dei mancamenti, dei sottili conati di vomito, poi divento pesantissimo e dopo leggero come una busta vuota trascinata dal vento dopo che Luca l’ha gettata via, sono nelle montagne russe degli alcolisti… Cado addosso alla serranda serrata di un negozio li difronte, un forte clangore sconquassa i timpani del mio corpo, nessuno degli astanti se ne cura, mi ricordo del pub di Lucio e una scena simile, proprio sotto casa, quella volta furono urla e minacce a causa del rumore a tarda ora, questa volta tutto passa inosservato… “A… dessho douu..e si mm… và!?” “Al pub di Josè-Louis, “El Gato”.

Tramontava il sole

Tramontava il sole del primo giorno di agosto e noi eravamo sulla carrettiera per Saragozza, la luce del sole cadente dritta sul parabrezza sozzo di terra strisciata da tergicristalli usurati che non si vedeva un cazzo, avevo sonno, guidavo un po’ a zigzag preso da una specie di trance mista a commozione per la bellezza della vista offuscata e della vita mia e di Toni, eravamo arrivati a dispetto di ogni previsione, puzzavamo come cammelli marci che non parlano più… Il telefono di Toni squillò all’altezza di duecento chilometri dalla meta, in pieno delirio subcosciente:
-pronto!
Kike dall’Italia ci comunicava che a Saragozza era tutto pronto per il nostro arrivo. Non troppi chilometri dopo il telefono squillò di nuovo, era mr. Cian, l’avvocato cinese di Kike che ci diceva: “Se vi portano dentro non dite una parola a nessuno, chiamate me. Ma fate in modo che non vi portino dentro, perché prima di permettervi di chiamarmi ve lo avranno già messo nel culo; e vi fotteranno di nuovo dopo la chiamata, prima del mio arrivo. Se non siete attenti quegli stronzi vi fottono! Comunque benvenuti in Spagna, vi stiamo aspettando!”

Ingresso in Spagna

Una immensa foresta sulle montagne e una piramide inca segnano il passaggio dalla terra delle pizze di merda alla terra dei tori e del flamenco. Cosa ne penso della corrida? Penso che è uno scempio, penso che dovrebbero morire più toreri, penso comunque che bisogna essere spagnoli per giudicare, gli spagnoli sono simpatici, più simpatici degli italiani forse. Figueras è dove visse Dalì. Barcellona è uno svincolo autostradale.

domenica 3 agosto 2003

Sosta in autostrada

Quattro ore dopo siamo da qualche parte sulla costa mediterranea della Francia, inchiodati sotto un sole cocente sull’autostrada, in coda per colpa di qualche stronzo che si è ribaltato ed è morto. Ci fermammo alla prima area di servizio, dopo cinque chilometri, vale a dire un’ora dopo, porca di quella troia! Mentre Toni bestemmiava non trovando un parcheggio libero, smanetto con la radio e trovo una stazione francese che trasmette “Piccola Lady” dei Moulin Rouge…
-perché non attacchi con le foto?
-dammi il tempo di parcheggiare
-ti sei portato trentamila rullini, macchina professionale, venticinque diversi obbiettivi, cioè, cazzo, dai!
-senti Marco, non iniziare a rompere le balle, sono gia abbastanza sudato
-ecco là un posto, vai!
-sìsì, sta calmo!
-vai che ce lo inculano!
-Marco cocco, vuoi che ti rompo il culo?
-ehi calmino Toniuzzo! Parcheggia e rilassati che siamo in vacanza!
-io mi sa che ti devo ammazzare…
-senti, dopo guido io, ok?
-no
-e invece sì, così tu ti riposi un attimo
-mi riposo un cazzo, non mi fido di te alla guida, dovrei stare comunque vigile
-ehi man! Te la vuoi guidare tutta tu?
-può darsi
-che sfigato che sei
Scesi incazzato. Sapevo che quel idiota non si fida di niente e di nessuno mai, ma porca troia io che non do sicurezza alla guida, questa mi giungeva proprio nuova.
Un’ area di sosta che sembrava il paradiso: olbera id embrici, lahot, mutang te pul poltrekot, kamarau hlop kamarareti, gafa di gafa di gafa dewheri fgetro mo-mo-jo-ju-ji-lo-ji-jy-uiu…
Entrammo nel bar e ci prendemmo uno spicchio di pizza margherita, una pizza fredda e molle con un formaggio del cazzo mal spalmato sopra e una specie di passata di pomodoro rancida di merda: la peggior pizza della nostra vita, indubbio. I francesi devono smetterla di fare pizze, per sempre, sono da denuncia, gente di merda io li odio! Poi non è proprio vero, non odio tutti i francesi, ho anche dei parenti francesi ai quali tengo molto; odio i francesi che fanno pizze senza cognizione di causa, e anche i francesi che fanno altre cose senza cognizione di causa. Odio tutti quelli che fanno cose senza cognizione di causa, anche se non sono francesi di merda! Una pisciata, una canna e fummo di nuovo in coda, adesso guidavo io.

Risveglio a Genova

la sveglia del mio cellulare ci sveglia. Dischiudo gli occhi, vedo tutto benissimo, a parte un certo alone tipico del risveglio… Cazzo! Ho dormito con le lenti incollate agli occhi! Toni è qui vicino a me, siamo in macchina, abbiamo dormito in macchina. Ho male al collo, e alla schiena, ho un certo mal di testa, Toni emette suoni gutturali. Dove siamo? Apparentemente è un parcheggio. Scendo, c’è una certa puzza di smog. Il parcheggio fiancheggia delle mura imponenti e… artistiche, cos’è? Mi avventuro; vedo poco più giù l’ingresso a quello che c’è dentro le mura. Il parcheggio fiancheggia le mura ed è sua volta fiancheggiato da una strada che a sua volta è fiancheggiata da un canale acquoso che è a sua volta fiancheggiato da un’altra strada. Le due strade sono a senso unico, una verso di qua e l’altra, di là dal canale, verso il verso opposto; alcuni ponti sul canale raccordano il tutto. (in questa parte ho adottato la tecnica inventata da me della ripetizione dei vocaboli in barba alle regole che dicono che è meglio non ripetere). Vedo una scritta importante sull’ingresso di… cimitero monumentale di Genova. Non so che pensare, ma comunque niente di importante. Constato il fatto che abbiamo dormito in macchina sul parcheggio del cimitero monumentale di Genova con molti fiancheggiamenti. Siamo a Genova. Torno indietro, Toni sta pisciando sulle mura, mi accingo a fare lo stesso anch’io. Mentre vado, vedo in lontananza, dall’altra parte del canale, la “m” di metano. Non so che pensare, ma comunque niente di importante. Constato il fatto che non sapremo mai come abbiamo fatto ad arrivare al metano di Genova, chissà se abbiamo incontrato qualcuno, se qualcuno ha guidato la nostra macchina, i miei ricordi si fermano all’autogrill di Firenze. Non mi hanno picchiato, non mi hanno arrestato, mi avranno derubato? Ho il portafoglio, ho il cellulare, ho anche le sigarette, e Toni?
-buongiorno
-ciao Marco, dormito bene?
-si, tu?
-non lo so…
-ti hanno derubato?
-no
-in macchina c’è tutto?
-si
-cazzo, benissimo! Là c’è il metano
-il metano?
-si di Genova
-nooo! Non ci credo
-credici
-incredibile! Come cazz…
-eh
-eheh
-ehahahaha
-ahehehah
-aahahahahahahhahaahahahahahahhahaahahahahahahhah
-ahahahahahahahah!
-batti cinque fratello!
Ci abbracciammo e facemmo il pieno di metano, nessun nesso con la pisciata.

è tempo di partire

(Io e Toni diretti in Spagna) mezzanotte, finito luglio i primi minuti di agosto stiamo prendendo le ultime benedizioni di Kike, la nostra guida spirituale… Quattro ore dopo siamo a Genova e ci fermiamo a bere in un bar stranamente aperto vista l’ora. Vuoto. La cameriera aveva un seno maestoso, e un viso lindo e consapevole; di sicuro sapeva come scopare, di sicuro era intelligente sopra la media e di sicuro quel lavoro era qualcosa di provvisorio nella sua vita. Noi due ci eravamo fatti di sicuro meno scopate di lei nella nostra vita e di sicuro non avremmo saputo tenerle testa in quel momento, ubriachi come eravamo. Niente biasimo per noi, era l’inizio del viaggio, era l’inizio dell’euforia, per festeggiare ieri sera Kike in via del tutto eccezionale ci aveva permesso di ****************, ma che non si ripeta! Lungo la strada ci eravamo scolati le dieci birre da trentatre, fanno tre litri virgola tre cioè uno virgola sessantacinque a testa; inoltre alcune canne di hashish…
-ciao, sai dove si trova il distributore di metano?
-cosa?
-di metano
-no…
-per me un jack daniel’s, grazie
-abbiamo già fatto cinquecento chilometri e abbiamo sete
-anche la macchina ha sete…
-e poi mi sa che a questa ora il distributore è chiuso. Sappiamo che a Genova distribuiscono metano per le auto ma dove? … Genova tutta arrampicata sui monti sotto l’autostrada non mi piace, e poi per uscire dall’autostrada è un bordello
-cosa?
-un bordello, il mio amico qua, dice che lo svincolo è un tantino intricato
-gia, e tu sei molto carina, me la fai una chiara media alla spina?
-io un jack daniel’s, grazie
-tu sei di Genova?
-si
-e dov’è che abiti?
-si, è dove abito
-no il mio amico vorrebbe sapere l’indirizzo di casa tua, sita in Genova
-non si può, non ve lo dico, però vi svelo un segreto: qui dietro, nel retro del bar, c’è mio zio che guarda la tv, ed è armato… Sapete, questa è una zona non proprio tranquilla della città quindi… Cercate di non crearmi problemi, ok?
-Ok bionda, stai tranquilla
Aveva biondi capelli tendenti al castano, mossi, raccolti in qualche modo da donna sulla nuca… Un fisico magro, ma non troppo, una bella fica di sicuro. (questa è la tecnica inventata da me secondo la quale il narratore si adegua alle vibrazioni che sta narrando, e quindi ad esempio usa espressioni come “una bella fica di sicuro”)
-Senti…
-Si. Dimmi.
-mmm… buona questa birra…
-Sai dove possiamo trovare qualcuno che ci fa un pompino?
Mi si bloccò la birra in gola, le pallottole dello zio stavano partendo… Diedi uno scappelloto a Toni
-Ehi! Le ho soltanto chiesto se ci sono troie qua in giro. Ti scandalizzi bimba?
-Percorrete un chilometro circa per di qua fino al semaforo, la strada che incrocia è piena di puttane.
-Vedi? E’ tranquilla
-Bene, allora… pompino!
-Fate schifo comunque, siete squallidi. Siete proprio degli sfigati…


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