lunedì 4 agosto 2003

Al "Boteron"

Quattro ore dopo siamo in pieno centro di Saragozza, nel ristorante di Carmen: il “Boteron”. Un piccolo e caratteristico locale spagnolo, tutto in legno, una specie di trattoria, un clima amichevole e soffuso, molto marrone. Io mi sento oltre la stanchezza, uno stadio di torpore e annullamento delle sensazioni che mangio persino degli schifosi pesci, odiato cibo marittimo. Delle cozze e altre schifezze dentro le conchiglie, ingoio tutto; le seppie sono buone, seppie immerse nel nero di seppia, ottime direi. A tavola con noi ci sono Luciano e Rita, Marco e Michela, tutti italiani tranne Rita che è di Saragozza; parliamo dell’Italia, diciamo cose da italiani, mi stupisco di Luciano, italiano per il novanta per cento della sua vita, che parla come se fosse uno spagnolo che ciancica un poco della nostra lingua. “Ma come è possibile! Io non ci credo che tu sei in Spagna da tre anni malapena, e ti sei già scordato l’italiano. Per me fingi! Sei un bluff, un fighetto!” Ovviamente con tono scherzoso, ma colpivo nel segno, almeno così mi sentivo: dritto al nocciolo della questione. Perché tu italiano per sempre, non parli italiano? E poi, ma non lo dissi, perché sei fuggito dall’Italia? Eri troppo sfigato per restarci? Ti lasci alle spalle una giovinezza triste, da emarginato? Non mi sembri molto bello, i tuoi amici ti prendevano per il culo, eri timido, non scopavi mai, ti ubriacavi per stare meglio ma ti rendevi soltanto più ridicolo del solito? Eri un disadattato del cazzo; complessato. Avevi iniziato anche a darci dentro con le pasticche. Una vita di merda. Oramai eri sputtanato là al tuo paese, sei dovuto fuggire da un mondo che ti considerava un perdente senza speranza. E sei venuto qua. Hai trovato lavoro, hai trovato una bella fica, Rita, che ti scopi e che tieni stretto stretto a te, attento a non fartela rubare! In fondo sei buono, amico mio, è giusto che tu venga premiato ma ricordati, il passato torna sempre, non cancellare dalla tua testa quello che sei stato, mantieni sempre vivo il ricordo dei giorni peggiori in modo che quando riaffioreranno tu sarai più forte e saprai affrontarli al meglio! Buona fortuna allora piccolo grande Luc… Marco! Mi perdevo in questi pensieri e Toni mi porgeva bicchieri colmi di vino rosso spagnolo. Non inserirò nemmeno una parola in lingua spagnola in questo resoconto. Ho dei mancamenti, dei sottili conati di vomito, poi divento pesantissimo e dopo leggero come una busta vuota trascinata dal vento dopo che Luca l’ha gettata via, sono nelle montagne russe degli alcolisti… Cado addosso alla serranda serrata di un negozio li difronte, un forte clangore sconquassa i timpani del mio corpo, nessuno degli astanti se ne cura, mi ricordo del pub di Lucio e una scena simile, proprio sotto casa, quella volta furono urla e minacce a causa del rumore a tarda ora, questa volta tutto passa inosservato… “A… dessho douu..e si mm… và!?” “Al pub di Josè-Louis, “El Gato”.

Nessun commento: