martedì 5 agosto 2003

pòck!

Quattro ore dopo siamo al “bowling” di Saragozza. I “bowling” sono tutti uguali, ovunque nel mondo, questo addirittura si chiamava “Bowl-a-rama”. Chiunque può immaginarsi un bowling, perché non può non averne mai visto uno, anche se non di persona, almeno in un film o in una cazzo di fotografia… Comunque: visto uno, visti tutti. L’allegra compagnia questa volta era composta da: io e Toni, Mr. Cian (il nostro avvocato), Gemma (la ex di Kike), Kike (il marito attuale di Gemma), Ernesto (il messicano gay), il ragazzo di Ernesto e Nicola (un italiano). Rita e Luciano non erano dei nostri perché se ne erano andati al mare verso Barcellona, sarebbero stati via qualche giorno, giusto in tempo per non incontrarli mai più. Carmen del “Boteron” stava lavorando, forse ci avrebbe raggiunto più tardi. Louisito non ci avrebbe raggiunto mai perché lui non si confonde con queste stronzate. Le scarpe del bowling, le calze usa e getta per l’igiene, prendiamo la pista uno, quella che confina a destra con la due e a sinistra con l’area biliardini dalla quale è separata de un muro trasparente di plastica. Allora, bisogna impostare il computer, è tutto scritto in spagnolo, Kike armeggia con la tastiera, tu come ti chiami? Marco. Si inizia: Ernesto fa strike; Gemma ne lascia in piedi tre, ma li butta giù col secondo tiro; Mr. Cian fa strike; Nicola infila la palla nel corridoio laterale, poi con la seconda li butta giù tutti. Tocca a me; ci avevo già giocato altre volte, me la ero sempre cavata… Prima palla, scelgo la nera da tredici chili, corridoio; seconda palla, corridoio. Zero birilli, zero punti. Che gioco di merda. A testa bassa vado a sedermi vicino Toni.
-devi stare calmo, eri tutto sbilanciato, non ti concentri- mi dice Toni con fare paterno.
-non mi gonfiare i coglioni, ok? Smetti di guardarmi così…
-ehi! Volevo solo darti un consiglio, rilassati! (intanto tira il ragazzo di Ernesto, ne butta giù quattro centrali con la prima, zero con la seconda)
-non mi dire cosa devo fare, non preoccuparti… vuoi una birra? vado a prendere la birra, anzi: chi vuole una birra? Una cagna, (una cazzo di cagna, spagnoli di merda che giocate bene a bowling), chi la vuole?
Tutti. Ok, ci penso io.
-aspetta, guarda almeno che tiro io!
Anche Toni fa strike. Porca di quella troia sono già fuori, non recupererò mai. Che stronzata venire al bowling.
-bravo Toni! Gli faccio, falso come non mai.
Quando torno con un vassoio pieno di bicchieri, sta tirando mr. Cian che fa di nuovo strike… Ora tocca a me, ne butto giù uno con la prima, mi volto tutti mi guardano con compassione, qualcuno fa finta di non avermi visto. Quando sei incazzato perché non riesci in qualcosa ti si vede in faccia, e fai pena. Il fare pena mi fa più incazzare ancora, è una spirale che non tollero proprio. Odio tutti. Tiro la seconda, butto giù altri due birilli, sono contento che non è andata nel corridoio, ma comunque resto nella mediocrità. Odio. Si continua, tira lui, tira lei poi lui e lui con una sigaretta accesa e l’altro e lui e io accendo una sigaretta e Toni anche e lei e lui, tiri, grida, birra, applausi, sigarette, prese per il culo, poi applausi e birra, sprazzi di agonismo, birra e sigarette, tiri e sigarette, birilli e birra, palle da bowling e un messicano grassone, e lei fuma, lui beve, l’altro tira una palla viola, Toni ride di gusto con Kike, io scherzo con Nicola, fumiamo e quando tocca a noi tiriamo, e si beve birra, e si fuma, e si segnano i punti, automaticamente, passami l’accendino, bravo!!!, che culo ancora strike, mr. Cian silenzioso si appresta a vincere, siamo tutti ubriachi.

Quando fu il turno di Nicola, magicamente fu anche il momento che dagli altoparlanti uscì “Don’t let me be misunderstood”, quella in versione estesa come si sente in “Kill Bill vol. 1” di Tarantino (nel momento del duello tra Uma e Lucy). Veramente non era proprio il momento di Nicola nel senso che stavamo tutti andando via, ma lui voleva tirare l’ultima palla, e lo voleva fare in modo spettacolare. E lo fece.
Inizia studiando i birilli, eccolo che porta la palla dinanzi agli occhi, tenendola a due mani con fare impeccabile; la gamba sinistra ruotata indietro, posa delicatamente sulla punta; pancia dentro petto all’infuori, il viso concentrato come quello di chi sfida un toro. Parte la rincorsa. Maestosa. Il braccio destro si allunga indietro e con tecnica da manuale torna in avanti per scagliare la palla. Si muove da dio, è la danza del maestro di bowling. Ma… Nicola è ubriaco, no: è completamente ubriaco. Non può aver pensato a tutto, la perfezione non si sposa con lo stato di ebbrezza estrema. Tutti noi sentiamo qualcosa di speciale nell’aria, anzi, tutti quelli che stanno dentro il Bowl-a-rama sentono qualcosa di speciale, infatti siamo tutti bloccati con lo sguardo rivolto verso Nicola; è come se il tempo si fosse fermato per tutti tranne che per lui e la sua palla. Una palla nera con tre buchi; tre buchi in cui infilare le dita… Le palle non sono tutte uguali, hanno diversi pesi e anche diverse misure per i fori delle dita. Già… Bisogna scegliere accuratamente la palla che si addice alle proprie dita. Se si scelgono buchi troppo larghi la palla rischia di scapparci di mano prima del dovuto, viceversa, con buchi troppo stretti rischiamo di non controllare il momento esatto del lancio. Nicola per esempio, ha scelto buchi troppo stretti e così ecco che la palla non si stacca nel momento giusto, ma lo fa un istante dopo, quando la tangente al movimento rotatorio della sua mano destra ha ormai assunto la direzione verticale. Questo imprevisto fa sbilanciare Nicola che inciampa sui suoi stessi piedi e inizia a barcollare impetuosamente superando la striscia rossa ed entrando nel corridoio dove solo le palle dovrebbero passare ed infine cadendo faccia all’avanti; contemporaneamente la palla, assunta una traiettoria parabolica stretta e alta, sale sale sale e scende scende scende precisamente sulla nuca del Nicola appena disteso, prono. Pòck! Il rumore sordo della botta in testa mi fece pensare alla mazzata che Bob de Niro sferra al tipo seduto a tavola ne “Gli Intoccabili”.

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